Retroscena

«Hollow Knight: Silksong» – odi et amo

Kevin Hofer
4.10.2025
Traduzione: Leandra Amato
Immagini: Kevin Hofer

«Hollow Knight: Silksong» è una lotta continua tra il puro fascino e l'irrefrenabile desiderio di spaccare il controller – ed è proprio per questo che è brillante.

È a terra. Finalmente sono riuscito a sconfiggere la boss spietata «Ultima giudice» dopo 16 lunghissimi ed estenuanti tentativi.

«Hollow Knight: Silksong» è difficilissimo e io faccio pena, eppure lo adoro per la maggior parte del tempo. Nonostante mi sia immerso nel fantastico Regno di Lungitela quasi ogni giorno nelle ultime settimane, non ho ancora finito il gioco. Ogni tanto ho bisogno di una pausa per non diventare matto.

Il Team Cherry l'ha fatto di nuovo: ha creato un capolavoro. Un capolavoro bellissimo e impegnativo che mi piacerebbe lanciare contro il muro e distruggere.

E poi c'è Lungitela, il nuovo mondo che non imita affatto Nidosacro. È più rumoroso, colorato, vivace – semplicemente bellissimo. Dai boschi coperti di muschio alle città dorate, ogni schermata è piena di dettagli e atmosfera.

Il mondo non è solo più grande, ma è anche più verticale e, combinato con le abilità agili di Hornet, crea una sensazione di esplorazione completamente nuova. Il nuovo sistema di equipaggiamento per abilità attive e passive aggiunge anche un livello strategico che mi piacerebbe avere sempre. C'è tutto quello che ho amato di «Hollow Knight» ma più esagerato.

La bellissima grafica e il gameplay sono accompagnati da una colonna sonora fantastica, ancora una volta curata da Christopher Larkin, e da un design del suono fenomenale. Lungitela non solo vive visivamente, ma anche acusticamente. Ogni fruscio o sibilo si intreccia con l'ambiente circostante, avvisandomi su ciò che mi aspetta.

La fregatura: Lungitela non perdona nulla

Amo le sfide. In «Hollow Knight» ho superato le prove nel Colosseo dei Folli, ho espugnato il Palazzo Bianco e ho sconfitto lo Splendore Assoluto. Pensavo di essere pronto per «Silksong». Ma mi sbagliavo.

«Silksong» non ci prova nemmeno a essere delicato. I nemici sono più aggressivi, i loro schemi di attacco più complessi e i boss... sembrano carini, ma sono brutali e difficilissimi da sconfiggere. Certo, alcuni li abbatto al primo tentativo, ma altri mi portano sull'orlo della disperazione. Anche se ogni mia morte è meritata: una schivata sbagliata, un attacco di troppo. È colpa mia. Il gioco continua a sussurrarmi all'orecchio: «Devi migliorare!».

Una tipica relazione di amore-odio

Mi trovo in un loop di ammirazione e frustrazione. Quando spengo la console, giuro di non toccare mai più questo gioco sadico, ma dieci minuti dopo, mi ritrovo di nuovo con il controller in mano. Perché so di potercela fare. Quel momento in cui il boss cade dopo il cinquantesimo tentativo è semplicemente impagabile.

«Silksong» non è un gioco per chiunque. Ci vuole un lato masochista e richiede il massimo da me: pazienza, precisione e una grande tolleranza alla frustrazione. È un gioco che mi porta ai miei limiti e mi ricompensa con uno dei mondi di gioco più affascinanti e uno dei migliori gameplay che ci siano.

«Silksong» ti amo e ti odio, ed è per questo che sei così dannatamente bello.

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Tecnologia e società mi affascinano. Combinarle entrambe e osservarle da punti di vista differenti sono la mia passione.


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