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Dietro le quinte

Altro che boicottaggio: l'Europa continua ad acquistare i marchi statunitensi

Alex Hämmerli
20.6.2025
Traduzione: Sanela Dragulovic

Molti parlano di boicottaggio, ma quasi nessuno agisce: nonostante i dazi doganali di Trump, l'Europa continua ad acquistare prodotti statunitensi, per abitudine, ignoranza o fedeltà ai propri marchi preferiti. Lo dimostrano i dati di vendita di Galaxus e Digitec.

Tanto fumo niente arrosto. Ecco come si potrebbe riassumere l'ultimo rapporto Galaxus sul boicottaggio dei prodotti americani). Secondo il sondaggio rappresentativo, più della metà degli europei vuole fare a meno dei prodotti e dei servizi statunitensi, in risposta ai dazi sulle importazioni annunciati da Donald Trump all'inizio di aprile.

Tuttavia, i dati di vendita di Galaxus e Digitec raccontano una storia diversa: la quota dei marchi statunitensi era del 17,5% a maggio, solo leggermente inferiore a quella dell'anno precedente (18,3%). «Un boicottaggio ha un aspetto diverso», afferma Hendrik Blijdenstein, Chief Commercial Officer di Digitec Galaxus.

Anche la resistenza demografica è minima: sebbene le persone in là con gli anni e gli uomini acquistino meno prodotti statunitensi, le differenze rimangono minime.

La valutazione si è basata sulla sede del proprietario del marchio, indipendentemente dal luogo di produzione. Galaxus e Digitec hanno venduto prodotti di quasi 45 000 marchi nel 2024. Nell'analisi sono stati inclusi i 1000 marchi più venduti nell'ultimo anno.

L'ignoranza batte la convinzione

I piani di boicottaggio dell'Europa erano quindi solo aria fritta? «È quello che sembra, e non mi sorprende», dice Hendrik. La ragione principale di questa reazione esitante è da ricercare nelle nostre abitudini d'acquisto e nella mancanza di conoscenza dell'origine dei marchi. «La maggior parte delle persone probabilmente si rende conto che Tesla, Barbie e Microsoft sono marchi americani. E basta».

In effetti, molti marchi statunitensi non suonano affatto tali: il marchio di sapone «Le Petit Marseillais», ad esempio, appartiene al gruppo statunitense Johnson & Johnson, i profitti delle vendite del cioccolato Milka vanno a Mondelez a Chicago, e Mastro Lindo pulisce per Procter & Gamble a Cincinnati. «Chi vuole davvero evitare i prodotti statunitensi, deve ricercare l'origine e la struttura aziendale, cosa che quasi nessuno fa nella vita di tutti i giorni», riassume Hendrik.

Difficile rinunciare ai marchi preferiti

Un'altra ragione sta nell'attaccamento emotivo: per molti, marchi come Apple, Nike o Weber fanno parte dello stile di vita personale e quindi sono più forti delle posizioni politiche. «I fan di Apple non passeranno improvvisamente a un Fairphone olandese solo perché Trump impone dei dazi», afferma Hendrik.

L'abitudine è quindi più forte del principio. Tuttavia, alcuni esitano anche perché le alternative europee sono più costose: nel sondaggio rappresentativo di Galaxus, solo 9 persone su 100 hanno dichiarato che sarebbero «sicuramente» disposte a pagare di più per prodotti o servizi che non provengono dagli Stati Uniti.

Conclusione: la politica doganale, da sola, non cambia le abitudini dei consumatori europei. Ciononostante, il dibattito pubblico potrebbe essere il primo segnale di allarme per le aziende statunitensi, soprattutto se il clima politico dovesse continuare a deteriorarsi.

Qual è stata la tua reazione al martello tariffario di Trump? Da allora hai deciso consapevolmente di non acquistare prodotti statunitensi o hai continuato a fare shopping come al solito? La colonna dei commenti è tutta tua.

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Alex Hämmerli
Senior Public Relations Manager
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Presso Digitec Galaxus sono responsabile per lo scambio di informazioni con giornalisti e blogger. Le buone storie sono la mia passione; per questo mi tengo sempre aggiornato.

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