Retroscena

Chi vince la lotta per i nostri dati?

Patrick Bardelli
5.11.2019
Traduzione: Nerea Buttacavoli
Immagini: Thomas Kunz

I nostri dati: tutti li vogliono. Le piattaforme social media come Facebook o TikTok sono solo la punta dell’iceberg quando si parla di «Data-Race». Come possiamo vincere questa lotta impari? Una risposta a questa domanda ci arriva dall’Hönggerberg.

Fai shopping online attivamente. Usi Facebook e Instagram da anni. Fai sport indossando un wearable e segni la tua attività. Tieni traccia delle tue abitudini alimentari e del tuo sonno. Quando fai la spesa ricarichi la carta con i punti. Molto bello, grazie mille per tutti i tuoi dati. Bella anche la notizia che Google comprerà Fitbit per 2,1 miliardi di dollari.

Dati, dati ovunque

Siamo in concorrenza con il capitalismo della sorveglianza orientato al mercato degli Stati Uniti e il modello cinese controllato dallo Stato.
Ernst Hafen

Gli ingredienti dell’uomo

Queste informazioni sono contenute in ogni nostra singola cellula: in ogni cellula cutanea, in ogni cellula intestinale, in ogni cellula nervosa. Ogni volta che in una di queste cellule avviene una mitosi, il nostro corpo riscrive i 46 libri. Praticamente senza errori.

6 000 000 000 di lettere, un’incredibile quantità di dati.
Ernst Hafen, biologo: Sì, tantissimi. Inizialmente si voleva stampare l’intero genoma in un libro, la stampa si è poi limitata ad un solo cromosoma.

Alcune righe di lettere del libro sono in grassetto. Cosa significa?
Questi sono i nostri geni. Le istruzioni di montaggio per le proteine nel corpo. In totale l’uomo possiede 25 000 geni.

Ma solo alcune righe sono in grassetto. Cosa ne è della grande parte restante?
Rimane un mistero fino ad oggi e sicuramente terrà impegnati i ricercatori per i prossimi decenni.

Come scusa? Il genoma decodificato della sua famiglia appartiene a Google?
Sì. Ma vede, io sono biologo. E le possibilità che mi si aprono da cittadino, non da professore universitario, sono affascinanti. Così divento «Citizen Scientist» e con i dati del mio genoma offro un contributo fenomenale alla scienza. Ma è necessario proseguire e andare oltre.

Cosa intende?
23andme è in possesso dei dati miei e della mia famiglia ed è libera di usarli. È il loro modello aziendale. Ma in realtà non è molto corretto mettere a disposizione i nostri dati, che siano del fitness, del nostro sonno o appunto dei nostri geni in cambio di una prestazione di servizi gratuita sotto forma di applicazione o piattaforma social. Non sarebbe più sensato usare i nostri dati in modo intelligente?

Un altro esempio: supponiamo che abbia avuto un trapianto del bacino. Sull’applicazione della clinica in cui è stato operato, annota come sta procedendo la sua guarigione – quanti passi riesce a fare, quali disturbi occorrono e via dicendo – e mette questi dati a disposizione della clinica. In questo modo crea un «Patient Reported Outcome», molto prezioso per la clinica e il sistema sanitario.

È il suo modello d’impresa dopo che è andato in pensione come professore?
È già il mio modello aziendale. Ma non per il traffico con i suoi dati. Esistono già piattaforme che se ne occupano. I dati vengono venduti a chi offre di più. Ma sono dell’idea che il capitalismo qui non funziona. Negli Stati Uniti si ricevono 70 dollari per ogni donazione di sangue. Va a donare solo chi ha bisogno di soldi. Gli altri no. Non è possibile.

Soldi o vita? Entrambi!

Sfide e opportunità

Protezione dei dati o domande etiche, riguardanti la Public Exposure, l’ostentazione, sono solo alcune delle sfide a cui si va incontro. Ma ci sono anche grandi opportunità. Così come ognuno spende e investe i suoi soldi diversamente contribuendo all’economia, così l’autonomia digitale può essere la chiave per una società civile giusta e ingaggiata.

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Da giornalista radiofonico a tester di prodotti e storyteller. Da corridore appassionato a novellino di gravel bike e cultore del fitness con bilancieri e manubri. Chissà dove mi porterà il prossimo viaggio.


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