Retroscena

Bike sharing in Cina: un fiasco che ci ricorda la Silicon Valley

I fornitori cinesi di bike sharing erano l’ultima speranza delle megalopoli cinesi contro il traffico. Purtroppo, però, hanno generato un caos ancora più ingestibile. La cosa interessante è che c'è una sorprendente somiglianza tra i meccanismi che hanno portato al fallimento del bike sharing in Cina e gli algoritmi usati dai titani del web made in Silicon Valley.

In origine, con questo articolo volevo affrontare la questione logistica dei sistemi di bike sharing. Come fanno i fornitori a trovare un equilibrio tra un’area con troppe biciclette e un’altra con troppo poche? Questo era il tipo di domanda a cui volevo rispondere.

Tuttavia, immagini come questa rendono palesemente chiara una cosa: gli algoritmi di questi sistemi di logistica e distribuzione hanno bisogno di essere sviluppati in modo più efficiente.

Allora cercherò di rispondere a un'altra domanda importante: cosa non funziona e perché non funziona?

Il bike sharing senza stazioni: flessibile ma caotico

Inizialmente, la maggior parte dei sistemi di bike sharing si appoggiava a delle stazioni. In questo modo, le biciclette potevano essere prestate e restituite solo da e verso i luoghi designati – e da nessun'altra parte. Non era possibile arrivare in bici direttamente a destinazione (qualsiasi essa fosse), ma potevi avvicinarti alla tua meta, a seconda di dove fosse la stazione apposita più vicina. E così, andava perso uno dei principali vantaggi delle city bike. Anche per i fornitori, le stazioni di parcheggio non sono ideali, perché devono affittare lo spazio e costruire postazioni «a prova di vandalo».

E così è nato il concetto di sistemi senza stazioni, grazie a cui puoi lasciare una bici ovunque ti trovi. Un’applicazione ti permette di bloccare e sbloccare la bicicletta più vicina, che può essere localizzata utilizzando il GPS del telefono.

Ma ecco il problema: oltre a essere una soluzione flessibile, crea il caos più totale. Se per caso ti è mai capitato di maledire le O-Bike, sappi che non è niente in confronto a quello che hanno dovuto affrontare i cinesi nel 2017.

Questi non sono campi di mais. Sono biciclette. La foto è stata scattata da un drone vicino a Shanghai.

La situazione attuale in Cina

La Cina è un Paese che ama muoversi su due ruote da molto tempo. Già nel 1986, il 63% di chi si spostava a Pechino lo faceva pedalando. C’erano 72 biciclette ogni 100 persone, e guidare l’auto era un lavoro proprio come oggi lo è fare il camionista. Eppure, la situazione in Cina è del tutto ingestibile. Oggi, ci sono 250 milioni di auto nel Paese – sette anni fa ce n'erano solo la metà. Gli effetti collaterali di questa esplosione automobilistica sono noti: un'ondata di smog mai vista prima e l’anarchia più totale in strada.

Il governo si era reso conto che sarebbe stato possibile ridimensionare il problema spingendo i cittadini a tornare in bicicletta. Le stazioni finanziate dallo Stato erano già state lanciate nel 2007, ma un paio di migliaia di bici sarebbero rimaste una goccia nell'oceano. Le città cinesi avevano bisogno di più pedali. Molti, molti di più. I sistemi di bike sharing senza stazioni sembravano essere la soluzione più logica e più facile da implementare per rifornire il paese di bici.

Tuttavia, questo non spiega perché le città ne siano state inondate in quantità spropositate all’improvviso. Montagne e montagne di bici ovunque.

Naturalmente, la Cina non è stata brava solo a mettersi al passo con la produzione di auto in tempi record. Nell’industria tecnologica, è da tempo anche la fabbrica di componenti hardware che rifornisce tutto il pianeta... ma non solo: il paese più popolato della Terra ha creato infinite start-up e diversi titani dell’internet. E con questi è emersa un'intera industria, simile a quella della Silicon Valley. I meccanismi che hanno portato all’apparizione di milioni di biciclette inutilizzate sono ben noti. Sono fondamentalmente identici a quelli utilizzati dalle società online della Silicon Valley.

Prima somiglianza: inondare il mercato, eliminare la concorrenza

Google non è diventato un gigante del web grazie alle sue geniali funzioni di ricerca, ma offrendo il maggior numero possibile di strumenti utili e gratuiti. Google Mail, Google Docs, Google Drive, Youtube, Picasa, Google Earth, Maps e Street View sono solo alcuni esempi. Google a volte ha subito perdite catastrofiche con Youtube: più di un milione di dollari al giorno. Eppure: crescita, a qualsiasi costo. Il motto dell'azienda, anche se comporta anni di pesanti perdite.

Un'infinita schiera di start-up che cercano di seguire le orme di Google. E solo una minima percentuale trova il successo. Dopo tutto, rientra nel modello di business: stabilire il monopolio in un campo specifico, scacciando chiunque altro. Proprio quello che le start-up cinesi hanno cercato di fare.

Questi fornitori non hanno inondato le città di biciclette a buon mercato solo perché la gente ne aveva bisogno. Lo hanno fatto anche per tagliare la concorrenza. Per i clienti, il fornitore di bike sharing migliore è quello che si trova nella maggior parte degli angoli della città, è economico e sempre disponibile. Ti suona familiare?

Se la tua concorrenza offre già moltissime biciclette a basso costo, c'è solo una cosa che puoi fare: produrne altre in massa e abbassare ulteriormente i prezzi. In Cina, i viaggi brevi di solito sono gratuiti. Le aziende non fanno pagare quasi nulla, il che si traduce in sistemi praticamente mai redditizi. Quando le corse costano solo pochi centesimi, ammortizzare anche solo il costo delle bici è semplicemente impossibile.

A causa di queste tattiche di inondazione, nel 2017, a Pechino e Shanghai c'erano così tante bici che i ciclisti riuscivano a malapena a passare.

Seconda somiglianza: l'importanza degli investitori

Per crescere senza profitti, le start-up hanno bisogno di investitori potenti e generosi. Questo vale sia per i fornitori di bike sharing cinesi che per i neofiti della Silicon Valley. Per gli investitori, un'idea davvero vincente può eliminare le perdite accumulate da decine se non centinaia di investimenti falliti. Di conseguenza, tendono a investire in modo piuttosto liberale.

Questo sembra essere il caso anche in Cina. Ad esempio, la start-up Mobike è stata in grado di coinvolgere già da subito l'investitore Foxconn. In seguito, ha ricevuto 600 milioni di dollari da Tencent, il gigante tecnologico cinese che possiede WeChat. Tuttavia, la nuova impresa si trovava in gravi difficoltà finanziarie, raggiungendo perdite di 16 milioni di yuan al giorno. Equivalgono a più di 2 milioni di franchi svizzeri. Nonostante questo, la società online Meituan Dianping ha comprato la start-up senza grandi problemi,

e così Mobike è stata finanziariamente libera di fare quello che voleva e ha potuto agire in modo ancora più aggressivo. Il risultato: per utilizzare una bici, non è più necessario lasciare un deposito. In questo modo, Mobike è entrata nell'arena dei campioni, un arena accessibile solo ai concorrenti più agguerriti. Tra giugno e novembre 2017, le aziende di bike sharing sono fallite una dietro l’altra. Tra i caduti: Bluegogo, Wukong, Kuqi Bikes, Dingding Bikes e 3VBikes. O-Bike di Singapore le ha seguite a ruota nel 2018. Sono sopravvissuti senza dubbio i più importanti fornitori, Ofo e Mobike, che hanno dovuto rinunciare all'espansione internazionale e giocarsela in casa.

Terza somiglianza: la lotta per i dati

Ma perché gli investitori versano denaro in servizi che non fruttano mai un profitto? Probabilmente perché contano su altri metodi di guadagno. Google e Facebook lo hanno dimostrato in maniera inequivocabile: i loro servizi agli utenti sono gratuiti, eppure entrambi i colossi continuano ad accumulare miliardi. Come? Vendendo spazi pubblicitari.

Il fattore più rilevante è ancora una volta la scala del fenomeno. Youtube accumula miliardi di visualizzazioni al giorno. Lo spazio pubblicitario viene venduto in quantità standard per ogni 1000 visualizzazioni, clic o con un metro di valutazione simile. Anche se l’acquisto di uno spazio pubblicitario singolo risulta a buon mercato, Youtube continua a far cassa. I media classici, che sono molto più piccoli, non possono competere. Non guadagnerebbero nulla.

Il secondo fattore più importante sono i dati. Soprattutto se combinati con il primo fattore. Più dati elabora una piattaforma, meglio può adattare la sua pubblicità. Almeno, questo è ciò che viene promesso ai clienti.

Questa promessa sulle potenzialità della raccolta dati in grande scala sembra essere anche ciò che attrae gli investitori verso il bike sharing. Poiché le biciclette sono dotate di dispositivi GPS, è possibile raccogliere dati sulle abitudini di chi le guida. I fornitori di bike sharing potrebbero tentare l'amministrazione cittadina con queste informazioni, che ad esempio potrebbero essere utili a identificare dove costruire nuove strade per ciclisti. Secondo il settimanale tedesco «Die Zeit», questo è esattamente ciò che O-Bike avrebbe offerto alla città di Monaco di Baviera.

Ma gli analisti possono ottenere molto di più da questi dati: dove ci si ferma a fare acquisti, dove i semafori possono essere migliorati, dove avvengono gli incidenti, dove si trovano i cantieri, ecc. Una volta che hai i mezzi per raccogliere i dati, sarai in grado di trasformarli in denaro e questo è ciò in cui credono gli investitori.

Quarta somiglianza: leggi inesistenti

Come sappiamo, la maggior parte dei paesi è più indulgente quando si tratta delle proprie leggi sul traffico rispetto alla Svizzera. Se non sulla carta, allora nella realtà. Una situazione in cui una marea di biciclette sono accatastate l’una sull’altra nel caos più totale può venire a crearsi solo se lo stato consente alle aziende di agire senza normative. In Svizzera questo non accade e, infatti, le O-Bike di Singapore sono state rapidamente confiscate in molte città.

Anche la Cina ha rapidamente inasprito le leggi in merito dopo che il caos è diventato incontrollabile. Più multe per il parcheggio anarchico delle biciclette e una maggiore dipendenza dagli autobus, anche quando si tratta di aziende di bike sharing.

E questo ci riporta alla situazione di start-up come Uber o Airbnb. Ci sono molte regole che aumentano i prezzi e i costi delle aziende di taxi e hotel convenzionali, che si tratti di tasse di soggiorno o di un'assicurazione obbligatoria. Le start-up di solito cercano di evitarle; secondo loro, non dovrebbero appartenere ai gruppi di cui sopra in quanto operano con un modello di business diverso. Molte di queste controversie finiscono in tribunale (in tedesco).

Ma quello che sappiamo è questo: meno leggi regolano le start-up e migliore è l'ambiente per i «disruptor». E il traffico di bici in Cina è stato sprovvisto di norme che lo regolamentassero per molto tempo.

Le normative non vincolanti sono un terreno fertile per nuove idee, o semplicemente per la mancanza di infrastrutture. Anche i servizi di pagamento mobile – un’industria enorme in Cina – sono coinvolti nel bike sharing. In Svizzera, Paese di banche, dove praticamente chiunque dispone di un conto corrente e una carta Maestro per pagare contactless, non ce n’è poi così bisogno. Ma in Cina, dove la maggior parte dei consumatori paga costantemente con lo smartphone, è fondamentale. È il palcoscenico della battaglia tra WeChat e Alipay, di proprietà dei due colossi del settore tecnologico, Tencent e Alibaba. Per loro, il bike sharing è un altro modo per diffondere il proprio metodo di pagamento e possibilmente anche diversificare i servizi forniti con i dati sul movimento. Meituan Dianping, il proprietario di Mobike, è sponsorizzato da Tencent, mentre il loro principale rivale, Ofo, è finanziato da Alibaba.

La differenza lampante

La scena delle start-up tecnologiche californiane è competitiva quanto quella dei fornitori di bike sharing cinesi. Otto o nove start-up su dieci finiscono per chiudere i battenti dopo qualche anno, dicono gli analisti del mercato. Le storie di successo sono spesso molto apprezzate e conosciute, mentre nessuno parla della marea di idee e aziende fallite. Al giorno d'oggi, vendere la propria start-up a un grande gruppo è visto come un successo.

Ecco la differenza più grande e più evidente tra la Silicon Valley e le start-up cinesi: le start-up nordamericane fallite non si lasciano dietro montagne di spazzatura. Uber non ha auto proprie; Airbnb non affitta camere proprie. Al contrario, si propongono esclusivamente come fornitori di servizi, intermediari.

La maggior parte delle idee fallite possono essere ignorate senza starci troppo a pensare, perché non lasciano nulla di tangibile. Il fallimento qui è visto persino come una virtù: «fail fast, fail often», così dice il proverbio, creando giustificazioni per parecchie idee strampalate. Agli investitori di solito va bene così: sono estremamente interessati a mantenere il maggior numero possibile di persone innovative e intelligenti all’interno di una start-up.

In Cina, questi cumuli di spazzatura sono il risultato impressionante di una tattica di mercato a cui siamo molto abituati, ma con un twist davvero assurdo.

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Il mio interesse per il mondo IT e lo scrivere mi hanno portato molto presto a lavorare nel giornalismo tecnologico (2000). Mi interessa come possiamo usare la tecnologia senza essere usati a nostra volta. Fuori dall'ufficio sono un musicista che combina un talento mediocre con un entusiamso eccessivo. 

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