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Ready Player One: un film divertente, un’occasione mancata

Luca Fontana
4.4.2018
Traduzione: Leandra Amato

La trasposizione cinematografica del romanzo «Ready Player One» è l'ultima opera del regista Steven Spielberg. Offre un sacco di spettacolo e promette grandi cose per tutti gli appassionati di film e videogiochi. Ebbene: il film mantiene le sue promesse, ma gli manca qualcosa: non ha il coraggio di osare, di fare qualcosa di straordinario.

Con «Ready Player One» Steven Spielberg cerca di portare sul grande schermo l'omonimo romanzo di Ernest Cline: una storia che si svolge in un mondo virtuale e ha a che fare con la caccia alle uova di Pasqua – tesori nascosti nei videogiochi – piena zeppa di allusioni alla cultura pop degli anni Ottanta e la promessa di prendere il controllo del futuro dell'umanità.

A proposito: «Ready Player One» è più divertente se lo guardi con la mente libera e aperta quanto più possibile, ed ecco perché in questo articolo non troverai nulla che non sia già evidente nel trailer finale.

Andiamo dritti al sodo

Colombus, Ohio, 2040: il mondo è sull'orlo del baratro. L'umanità lo ha sfruttato e ne ha esaurito le risorse; la fame e la povertà scandiscono la vita quotidiana. È un mondo in cui la gente ha da tempo rinunciato a risolvere i problemi e, invece, si è completamente rassegnata al suo destino.

Oasis – una realtà virtuale che ha preso le dimensioni di una mezza galassia – è il luogo in cui ora vivono gli esseri umani. Qui ognuno può essere chi e cosa vuole. Ci sono posti di lavoro e scuole, cinema e centri sportivi. Le persone vanno in spiaggia, scalano il monte Everest insieme a Batman e sciano sulle piramidi di Giza. E la parte migliore: è tutto gratuito.

Poi muore James Halliday (Mark Rylance), l'inventore di Oasis. Poco prima di morire, lascia all'umanità un ultimo grande gioco: la caccia all'uovo di Pasqua. Quest'uovo può essere trovato solo da chi ha completato tre attività apparentemente impossibili e ha ricevuto tre chiavi magiche come ricompensa. In perfetto stile Halliday, gli indizi che conducono alle chiavi sono nascosti nel suo entusiasmo per gli anni Ottanta.

La parte migliore: il primo a trovare l'uovo di Pasqua eredita la fortuna di miliardi di dollari di Halliday e il comando di Oasis. Ed ecco che entrano in scena i personaggi malvagi, che vogliono trarne profitto. Cinque anni dopo la morte di Hallidays, nel 2045, è il giovane Wade Watts alias Parzival (Tye Sheridan) a decifrare finalmente il primo indizio. Inizia la caccia al futuro dell'umanità.

Il mondo dei mondi virtuali

Bello: come nel romanzo, la storia viene narrata dal punto di vista del simpatico Parzival, che così prende il pubblico per mano e racconta ciò che sta accadendo a chi fa fatica a seguire il filo.

O, almeno, per la maggior parte del tempo.

Quando i personaggi di Blizzards «Overwatch» o vari Master Chef di «Halo» appaiono brevemente sullo schermo, il cuore dei nostalgici fan degli anni duemila inizia a battere sempre più veloce. Ma sono anacronismi piuttosto isolati.

Naturalmente la nostalgia gioca un ruolo importantissimo, quasi onnipresente. In senso buono, però. A volte Spielberg si autocita. Ad esempio: la scena in cui Parzival schiva l'avido T-Rex nella sua DeLorean strappa per forza un sorriso, perché

Ma, come ho detto prima, non posso dire altro.

Un aspetto fondamentale: come sono gli attori?

E il fine giustifica ogni mezzo, compresi i cadaveri.

Mark Rylance inoltre interpreta James Halliday in modo tale che lo spettatore capisca immediatamente che preferirebbe essere in una realtà virtuale creata da lui stesso. Invece, viene idolatrato da miliardi di discepoli nerd, che lo trasformano in divinità e leggenda della tecnologia. Halliday ha un senso dell'umorismo un po’ strano, cosa ampiamente dimostrata anche dalla sua caccia all'uovo di Pasqua, ma ha un cuore buono.

E ancora meglio è la sua controparte femminile, Olivia Cooke nelle vesti di Art3mis. È nobilissima, ma irradia onestà. Inoltre, è la principale forza trainante di Parzival quando si tratta di portare avanti la ricerca dell'uovo di Pasqua non per il suo bene, ma per quello dell'umanità. D'altra parte, il suo piccolo, dolce romanticismo pare un po' assopito e rappresenta la soddisfazione nerd della classe alta.

A proposito: il romanzo

Sono proprio queste sfumature critiche che vengono utilizzate con discrezione, ma soprattutto in modo specifico, a rendere la proposta del libro non solo divertente, ma anche rilevante. E questo anche grazie a un bel tuffo dritto nella nostalgia della cultura pop anni '80.

Ma questo, rispetto all’originale, non è sufficiente. Non basta.

Un grande punto a suo vantaggio: I creatori che hanno lavorato con Spielberg e il suo sceneggiatore Zak Penn sono rimasti particolarmente fedeli al libro. Soprattutto quando si tratta di fare allusioni e rimandi ai giochi e alla cultura cinematografica degli anni Ottanta. È impossibile trovare tutte le uova di Pasqua nascoste (Ah! Che ironia!). Questo ti fa venire voglia di rivedere «Ready Player One» un paio di volte.

Conclusione: un film divertente, un’occasione mancata

«Ready Player One» è una spada a doppio taglio. Lo spettacolo cinematografico è più che convincente. E la nostalgia è sicura, per cui è difficile non sorridere.

Ma poi il film finisce e, a conti fatti, oltre a farti fare due risate il film non lascia niente. L'argomento «Virtual Reality» offre materiale più che sufficiente per la discussione, sia in positivo che in negativo. Ernest Cline lo ha riconosciuto nel suo libro e l'ha affrontato. A «Ready Player One", il film, non importa. O a Spielberg manca il coraggio di portare il divertimento a un livello superiore, o semplicemente non era sua intenzione farlo.

Un'occasione mancata.

Ma la grandiosità e il capolavoro di realizzazione visiva di Oasis sono innegabili. I personaggi sono simpatici e raramente noiosi. Insomma, a guardare «Ready Player One» ci si diverte. E puoi anche guardare il film tre, quattro o sedici volte, ma comunque non riusciresti a trovare tutte le uova di Pasqua. Il numero di riferimenti e allusioni nella cultura pop degli anni '80 è schiacciante.

Quindi io ti consiglio di andare a vederlo.

O per dirla alla James Halliday: «Players, are you ready?»

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La mia zona di comfort consiste in avventure nella natura e sport che mi spingono al limite. Per compensare mi godo anche momenti tranquilli leggendo un libro su intrighi pericolosi e oscuri assassinii di re. Sono un appassionato di colonne sonore dei film e ciò si sposa perfettamente con la mia passione per il cinema. Una cosa che voglio dire da sempre: «Io sono Groot». 


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