PowerWash Simulator 2
Retroscena

«PowerWash Simulator» e altri: perché ci piace fare lavori noiosi nei giochi

Rainer Etzweiler
22.10.2025
Traduzione: Leandra Amato

Il 23 ottobre esce «PowerWash Simulator 2» e milioni di persone sfregheranno via lo sporco volontariamente in modo virtuale. Sembra assurdo, ma ci sono buone ragioni per farlo. Un'immersione profonda nella psicologia di «PowerWash Simulator» e altri giochi del genere.

Mio padre ha lavorato per la Posta per ben 40 anni. Quando di recente gli ho detto che faccio un gioco in cui consegno pacchi, mi ha guardato con l'incomprensione di un orfano vittoriano a cui è stato appena detto cos'è la criptovaluta.

Questo conflitto mi porta a chiedermi: se il lavoro reale è così scoraggiante da far pensare a mio padre che la mia postina virtuale sia pazza, perché lo faccio comunque?

Ciò significa che molte persone pagano per lavorare virtualmente nel loro tempo libero. Paradossale, vero?

Segui il flow: quando tagliare l'erba diventa meditazione

I giochi offrono anche obiettivi chiari con un riconoscimento immediato. Spruzzare via lo sporco = rumori soddisfacenti e una superficie pulita. In un lavoro vero, invece, si aspettano settimane per un «Ben fatto!» da parte del capo (tranne che da Digitec. Qui ricevo un «Grazie» per ogni articolo, un cesto di frutta e un paio di scarpe in pelle di pinguino). Nel mondo virtuale, ogni azione è immediatamente visibile e udibile.

Il cervello ama questa chiarezza e ci ricompensa con il rilascio di dopamina, come se avessimo appena scalato l'Everest e non appena pulito virtualmente un parcheggio.

Perché non riusciamo a smettere

Hai presente la sensazione di quando devi andare a letto, ma quella quest aperta non ti lascia riposare? Esiste un termine scientifico per definire questo fenomeno: l'effetto Zeigarnik. Il nostro cervello odia i compiti incompiuti e ce li ricorda insistentemente: le simulazioni di lavoro sfruttano questo meccanismo in modo spudorato.

Il creatore di «Stardew Valley» Eric Barone ha perfezionato il sistema. Il ciclo giorno-notte interrompe i giocatori nel bel mezzo delle loro attività. Stavo per innaffiare le zucche e sta già facendo buio. Questa interruzione forzata crea ciò che gli psicologi descrivono come molto motivante: il desiderio di completare i compiti incompiuti.

I giochi funzionano con cicli di ricompensa incastrati tra loro: raccolgo un singolo pomodoro (successo mini), ripianto un intero campo (successo medio) e infine espando la mia fattoria con un pollaio (successo grande). Il cervello nuota in un flusso costante di esperienze di successo. È una cosa che il lavoro medio in ufficio offre con la stessa frequenza con cui la nazionale di calcio svizzera vince i campionati del mondo.

Controllo e autonomia: essere il capo nel proprio gioco

Nella cabina di guida virtuale di «Euro Truck Simulator», invece, sono io il capo. Decido io quando mettermi al volante e guidare il mio camion fino a destinazione, se sono dell'umore giusto.

Gamification: come la noia diventa dipendenza

Gli studi di sviluppo hanno capito da tempo come funziona il cervello umano e utilizzano sofisticati meccanismi psicologici per trasformare le attività noiose in una droga per il cervello. La parola magica è «gamification».

La gamification è quando i progettisti di giochi ingannano il mio cervello preistorico facendogli credere che pulire le finestre sia una missione epica. La formula è spaventosamente semplice: prendi un'attività effettivamente noiosa, aggiungi un sistema di punti o una barra di avanzamento e bang, sarò incollato allo schermo per quattro ore.

«PowerWash Simulator» mostra come si fa: ogni macchia di sporco spruzzata via innesca una piccola scarica di dopamina che culmina in un segnale acustico. Ho lavato rapidamente la cuccia del cane: ping. Una sensazione fantastica. Il cervello non distingue tra successi «reali» e virtuali, vuole solo il suo biscottino neurologico. Gli sviluppatori lo sanno e ci danno l'equivalente digitale.

La dimensione terapeutica: il gioco come automedicazione

L'OMS ha persino collaborato con le aziende di videogiochi durante la pandemia di Covid per far luce sui benefici mentali dei videogiochi. Alcuni terapeuti stanno integrando questi giochi nella loro pratica come tecniche di rilassamento interattivo per i pazienti che non sono interessati alla meditazione tradizionale.

Perché il lavoro virtuale è meglio del lavoro reale

I giochi di simulazione di lavoro non rendono eccitanti i compiti noiosi, ma forniscono le ricompense psicologiche che rendono il lavoro soddisfacente, eliminando lo stress.

Questi giochi soddisfano esigenze umane fondamentali che i lavori moderni spesso ignorano:

  • obiettivi chiari e progressi visibili;
  • riconoscimento immediato per gli sforzi compiuti;
  • controllo completo dell'approccio e del tempo;
  • sistemi equi che reagiscono in modo prevedibile agli input;
  • risultati visibili del proprio lavoro;
  • nessuno ruba il tuo yogurt all'albicocca dal frigo comune.

I giochi di simulazione di lavoro non sono quindi una fuga verso l'ufficio virtuale, ma una fuga dalla realtà verso condizioni di lavoro idealizzate. Ci danno un senso di struttura e di produttività, eliminando l'incertezza, la politica d'ufficio e la pressione da prestazione.

Non giochiamo a questi giochi perché vogliamo segretamente diventare postini (scusa, papà) o perché desideriamo il fascino di tagliare l'erba, ma perché ci restituiscono ciò che spesso manca al lavoro moderno: la sensazione che i nostri sforzi portino effettivamente a qualcosa che possiamo vedere.

Che decidiamo da soli quando e come fare qualcosa. Che alla fine della giornata non sia stata spuntata solo un'altra voce di una lista infinita di cose da fare, ma sia stato creato qualcosa di tangibile, anche se si tratta solo di un parcheggio virtuale pulito.

Immagine di copertina: PowerWash Simulator 2

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Nei primi anni ’90, mio fratello maggiore mi lasciò in eredità il suo NES con «The Legend of Zelda», dando inizio a un’ossessione che continua ancora oggi.


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