Retroscena

La Darknet: uno strumento importante per la libertà

Dominik Bärlocher
9.11.2017
Traduzione: Alessandra Ruggieri De Micheli

La Darknet ha mantenuto una presenza mediatica costante da quando una modella è stata rapita e poi rilasciata da una gang che opera su di essa. I politici e i media vogliono bandirla. Durante una conversazione nel mio ufficio, anche uno dei miei colleghi in redazione ha detto di essere favorevole a bandire la Darknet o, almeno, a una persecuzione rigorosa dei suoi criminali. Via al dibattito.

In breve: la Darknet è un luogo pericoloso pieno di selvaggi assassini senza scrupoli che aspettano solo di farci del male.

E credo che nemmeno la Darknet sarà artefice di uno sterminio di massa.

Sono addirittura convinto che la Darknet sia qualcosa di cui abbiamo bisogno. Bandire o perseguire i suoi utenti senza giusta causa sarebbe contrario al concetto di democrazia in quanto tale e creerebbe un pericolo immediato e concreto per la vita e l’incolumità fisica.

Cos’è la Darknet?

La Darknet come struttura tecnologica è facile da descrivere: è costituita da tutte quelle parti di Internet che non possono essere indicizzate, trovate e pubblicate da motori di ricerca come Google, Bing, Yahoo e così via.

Secondo questa definizione, la tua casella di posta elettronica appartiene alla Darknet. L’intranet della tua azienda? Darknet. La tua bacheca di Facebook? Anche questa fa parte della Darknet.

La rete Tor: la Darknet dei media

Ogni volta che i media parlano della Darknet, in realtà non si riferiscono alla tua bacheca privata su Facebook o alla tua casella di posta elettronica, ma della rete Tor. Si tratta di un'invenzione piuttosto intelligente di Tor Project. Inc., un’organizzazione senza scopo di lucro con sede nel Massachusetts.

Illustrazione di una connessione Tor. Immagine: torproject.org/eff.org

I nodi Tor non hanno informazioni sul percorso dei dati rispetto al nodo da cui provengono e a quello successivo. Nessun nodo conosce mai l'intero percorso, ma solo il nodo finale. Ogni connessione tra due nodi è criptata in modo specifico e individuale, perciò tracciare il percorso a ritroso è estremamente difficile, se non impossibile.

Oltre al browser, il Tor Project offre risorse che dovrebbero permetterti di mantenere l'anonimato online:

Oggi, le cose sono diverse. I nickname esistono ancora, ma non li usiamo quasi mai per nascondere la nostra identità. Quei forum che pullulano di post che iniziano con frasi tipo: «Ciao a tutti, sono MetallicaFan1973, ma il mio vero nome è Marco» ormai si stanno estinguendo. Siamo pronti a pubblicare informazioni sul luogo in cui viviamo e condividiamo selfie e foto di qualsiasi cosa stiamo facendo. L’anonimato? Non sappiamo neanche cosa voglia dire.

Allora, chi ha bisogno di Tor? Solo i criminali e gli assassini?

In Turchia, la mappa mondiale dell’OONI racconta un'altra storia: la nazione è contrassegnata in rosso e la lista dei siti bloccati è lunga.

Per mantenere la comunicazione attiva nonostante le attività del governo turco, i dissidenti scrivono gli indirizzi DNS con lo spray sulle mura della città. Questo graffito dice «Lasciate cantare il vostro uccellino (Twitter)».Nonostante l'aiuto immediato, Neda Agha-Soltan è deceduta pochi secondi dopo che è stata scattata questa foto.

D'accordo, ma tutti gli assassini e gli spacciatori di droga?

Nonostante tutti i suoi vantaggi e il fatto che la Darknet sia essenziale per la democrazia, è innegabile che dietro di essa si celino molte attività illegali. L'anonimato permette a tutti di nascondersi; questa è la definizione stessa del termine. Quindi, la cosa vale anche per i criminali. La Darknet, naturalmente, rappresenta anche loro.

Screenshot del portale Silk Road

Forse Ulbricht non ha fatto direttamente uso di droghe o altre merci illecite, ma è stato dichiarato colpevole e condannato all’ergastolo per traffico di droga e armi. Tuttavia, non è stato identificato direttamente tramite la Darknet, ma a causa della sua impronta digitale, che non ha coperto bene e che ha permesso alle autorità di tracciare le sue operazioni. I metodi d'indagine tradizionali sono stati sufficienti per dimostrare la sua colpa.

Parlandone con una collega in redazione, è stato detto che «la polizia deve perseguire e sterminare gli assassini e i rapitori o, meglio ancora, tutta la Darknet dovrebbe essere bandita immediatamente».

Il fatto che chi combatte per la libertà debba condividere le stesse tecnologie con i narcotrafficanti e altri criminali del XXI secolo somiglia un po’ al modo in cui gli attivisti antifascisti di Winterthur devono condividere lo stesso Paese con i sostenitori del Pnos di Berna. Affinché la democrazia cresca e prosperi, è fondamentale che persone con opinioni morali ed etiche contrastanti possano incontrarsi allo stesso livello senza dover temere persecuzioni.

Tuttavia, non possiamo dare il via libera alla criminalità. La Darknet ha due meccanismi che rendono estremamente difficile perseguire la giustizia.

La gente esige che vengano svolte indagini nella Darknet e che i criminali vengano puniti senza farsi influenzare dalle emozioni e dai pregiudizi personali. Ma qui entra in gioco un altro problema: se la polizia riesce a utilizzare mezzi tecnologici per individuare un pedofilo nella Darknet, allora il governo di Erdogan può utilizzare lo stesso metodo per individuare i combattenti per la Libertà.

La Darknet dovrebbe davvero essere bandita o sorvegliata? O, per dirla in parole povere: vale la pena di arrestare 14 pedofili ma allo stesso tempo condannare migliaia di combattenti per la Libertà che sono costretti a vivere nella paura? Questa è una delle domande che noi, in quanto società del primo mondo, dobbiamo porci. Come possiamo proteggere chi? E chi mettiamo a rischio, così facendo?

In definitiva, dovremo affrontare una domanda che è vecchia quanto l'umanità stessa: a quanta libertà vogliamo rinunciare per un senso di sicurezza che potrebbe comunque essere solo un'illusione?

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Giornalista. Autore. Hacker. Sono un contastorie e mi piace scovare segreti, tabù, limiti e documentare il mondo, scrivendo nero su bianco. Non perché sappia farlo, ma perché non so fare altro.


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