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Lavoro minorile mortale in Congo? Accuse contro Apple, Alphabet, Dell, Mircosoft e Tesla

Martin Jud
19.12.2019
Traduzione: Nerea Buttacavoli

Nelle miniere di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo le persone – tra cui anche i bambini – vengono sfruttate. Le conseguenze sono mutilazioni e morti. L’Organisation International Rights Advocates in USA porta avanti un’azione collettiva contro i cinque giganti tecnologici.

Apple, Alphabet, Dell, Microsoft e Tesla pare che traggano vantaggio del lavoro minorile nelle miniere di cobalto in Congo. Gli avvocati dei diritti umani di International Rights Advocates (IRAdvocates) hanno sporto denuncia in nome di 14 famiglie al tribunale distrettuale americano nel District of Columbia a Washington. I figli di queste famiglie hanno subito gravi ferite, mutilazioni o sono addirittura morti a causa del lavoro nelle miniere.

Oltre al litio, anche il cobalto è un componente irrinunciabile nella produzione di batterie per smartphone, computer portatili o automobili elettriche. Si occupa di incrementare la stabilità termica e e la durevolezza della memoria elettrica. In teoria, la materia prima è disponibile in quantità sufficiente a livello mondiale. Nonostante questo, due terzi delle richieste vengono soddisfatte tramite l’estrazione nel Congo.

Scavato dalle mani dei bambini

La denuncia contro i giganti della tecnologia è stata preparata con cautela. Gli esperti nel campo del lavoro minorile hanno documentato le circostanze pietose conducendo ricerche durate diversi anni. L’avvocato della causa sostiene di non aver mai visto un simile sfruttamento minorile nei suoi 35 anni di esperienza come avvocato per i diritti umani. Questa avidità e crudeltà deve finire.

La richiesta di cobalto ha subìto un incremento vertiginoso a causa del boom nella tecnologia, il che ha causato un estremo divario. Le condizioni in cui si procede allo sfruttamento delle risorse sono estremamente pericolose – si stima che il 15-20 percento della materia grezza venga scavata manualmente. Anche se i principali acquirenti sono imprese tra le più abbienti al mondo, i lavoratori (rispettivamente i bambini) ricevono soltanto uno o due dollari al giorno. Gli accusatori sostengono di avere le prove che dimostrano che sono state proprio le imprese ora accusate ad aver sostenuto e favorito quelle ditte che incentivano gli abusi, approfittandone.

I figli degli accusatori e non solo, sarebbero stati obbligati a scavare il cobalto in condizioni che hanno causato problemi di salute o addirittura morte. Oltre alla costrizione a cui sono stati sottoposti e le terribili conseguenze subìte, è stato ben documentato che l’estrazione del cobalto è avvenuta a discapito dell’educazione dei bambini. Alcuni dei bambini avevano appena sei anni quando sono stati costretti a svolgere lavori forzati.

Potrebbero esserci altre imprese coinvolte

Apple, Google e compagnia bella non sono le uniche a dover stare in guardia. Il team di ricerca che ha sporto denuncia sta verificando anche altre imprese del settore tecnologico e automobilistico. Le ditte devono sapere delle condizioni nelle miniere e agire consapevolmente. Anche altre imprese potrebbero correre il rischio di una denuncia.

Da parte di Apple c’è stata una presa di posizione riguardante la denuncia: hanno un obbligo vincolante nella scelta responsabile delle risorse di cobalto. Inoltre, Apple nel 2014 è stata la prima impresa a raffigurare la propria catena di approvvigionamento di cobalto nella sua interezza:

«Abbiamo capitanato l’introduzione di standard severi per i rifornitori di quest’industria e ci impegniamo continuamente ad incrementare i valori di misurazione, sia nostri, sia del settore.»

Apple accenna, poi, che dal 2016 pubblica annualmente una lista completa di tutte le raffinerie, sottoposte ad auditing indipendenti.

«Se una raffineria non è capace o volente di rispettare i nostri standard, viene esclusa dalla catena di distribuzione ed approvvigionamento.»

Nel 2019 è stata interrotta la collaborazione con sei raffinerie, a causa di questa linea guida.

Microsoft, mossa dalla denuncia, ha comunicato che prende molto seriamente l’obbligo di approvvigionamento responsabile ed etico. Anche Dell parla di «approvvigionamento responsabile dei minerali», a cui è vincolata. Dell aggiunge, inoltre, che l’impresa non ha mai deliberatamente acquistato materie prime ricavate da lavoro forzato o minorile. Le accuse vengono attualmente verificate dall’impresa stessa.

Anche l’impresa di industria mineraria svizzera Glencore, proprietaria delle miniere citate nella denuncia, prende posizione:

«Non tolleriamo alcuna forma di lavoro forzato o minorile nella nostra catena di approvvigionamento e distribuzione. Valorizziamo i diritti umani e sosteniamo la loro osservanza in conformità con la dichiarazione universale dei diritti umani dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.»

Glencore non acquista, lavora o negozia cobalto o rame estratto manualmente. L’impresa non viene querelata nel processo.

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La mia musa ispiratrice si trova ovunque. Quando non la trovo, mi lascio ispirare dai miei sogni. La vita può essere vissuta anche sognando a occhi aperti.

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