Dal carrello degli acquisti alla casetta blockchain: ecco come abbiamo attrezzato la nostra no1s1
Retroscena

Dal carrello degli acquisti alla casetta blockchain: ecco come abbiamo attrezzato la nostra no1s1

A volte le grandi idee nascono in spazi molto piccoli. In questo caso, nei quattro metri quadrati di una cabina di meditazione. Questa casetta sarà infatti il primo edificio al mondo che avrà se stessa come unico proprietario e presto sarà anche capace di autogestirsi. Il progetto è realizzabile grazie ai gadget del nostro negozio.

Questa piccola cabina di forma triangolare poggia su due semplici pallet di legno. Le pareti sono fatte di pannelli truciolari e sottili lastre di plastica. L’interno è illuminato da luci morbide e soffuse: si tratta di uno spazio dedicato alla meditazione ed è importante che sia accogliente.

Il suo scopo principale però non è la ricerca della pace interiore. Il progetto, presentato recentemente all’ETH di Zurigo, ha obiettivi ben più ambiziosi: creare il primo edificio al mondo in autoproprietà e presto anche in autogestione.

Ma cosa lo rende possibile?

Alla base c’è la tecnologia blockchain

La parola magica è «tecnologia blockchain». Cerca di spiegarmelo Hongyang Wang, l’ideatrice del prototipo no1s1 («no one’s one»). È lei che ha realizzato la cabina con il finanziamento della società di consulenza Ernst & Young e grazie alla collaborazione con il think & do tank Dezentrum.

Per il suo progetto, Hongyang ha trascorso molte settimane nel freddo studio seminterrato del think & do tank, situato nel Kreis 2 di Zurigo, che si occupa di digitalizzazione e società. Ora la ricercatrice si trova nella grande sala della Student Project House dell’ETH di Zurigo e ci indica il monitor accanto alla struttura di legno: «La cabina di meditazione no1s1 ha un indirizzo nella blockchain», spiega.

Hongyang Wang è l’ideatrice del prototipo no1s1. Questa cabina di legno triangolare solleva una questione importante: è davvero necessario che gli edifici di pubblica utilità appartengano a qualcuno?
Hongyang Wang è l’ideatrice del prototipo no1s1. Questa cabina di legno triangolare solleva una questione importante: è davvero necessario che gli edifici di pubblica utilità appartengano a qualcuno?

Chi ha già scambiato una o l’altra criptovaluta non ha difficoltà a comprendere il senso di questa domanda. Io devo prima dare una rinfrescata alle mie conoscenze sull’argomento: la blockchain è un database disponibile su Internet, strutturato come una sequenza di blocchi virtuali.

I blocchi sono distribuiti su molti computer, ma contengono tutti la stessa identica informazione codificata. Perché un comando o una transazione possano essere attivati è necessario che l’informazione sia identica in tutti i blocchi. Il grande vantaggio sta proprio qui: grazie a questa infrastruttura digitale, la blockchain non può essere manipolata o falsificata.

I membri di questa rete virtuale e affidabile, spiega Hongyang, sono rappresentati da indirizzi sulla blockchain. Può trattarsi di persone, di oggetti o anche di intelligenza artificiale; la blockchain non fa alcuna distinzione a riguardo.

Prendiamo ad esempio la blockchain Bitcoin: in questo caso l’indirizzo va inteso semplicemente come la destinazione o l’origine virtuale delle transazioni di bitcoin. Bitcoin è stata la prima blockchain del suo genere e oggi è probabilmente la più conosciuta. Nel frattempo ne sono state create altre. «Per questo progetto abbiamo scelto la blockchain Ethereum», continua Hongyang. Offre un grande vantaggio: può eseguire i cosiddetti smart contract, essenziali per il progetto.

Senza alcun intervento umano

Gli smart contract sono protocolli informatici che avviano delle transazioni quando vengono soddisfatte particolari condizioni prestabilite. Può sembrare complicato, ma per semplificare puoi immaginartelo così: se inserisci tre franchi in un distributore automatico ricevi in cambio una Coca Cola. Questo perché l’inserimento dei tre franchi è stato precedentemente programmato come condizione per l’erogazione di una Coca Cola.

Questa logica funzionale può essere ampliata molto al di là dei distributori automatici ed essere applicata anche alle organizzazioni, ovvero a gruppi di persone che perseguono un obiettivo. In tal caso le organizzazioni sono rappresentate da regole codificate in un programma informatico trasparente e sono chiamate «organizzazioni autonome decentralizzate» (Decentralized Autonomous Organization o DAO). Si tratta di reti della blockchain gerarchicamente piatte, che funzionano secondo le regole di un contratto intelligente e vengono gestite da tutti i membri.

E, fin qui, per l’appassionato di bitcoin o il «crypto nerd» non c’è niente di nuovo. La parte davvero innovativa arriva adesso: Hongyang e il suo team vogliono riprendere il concetto della DAO e collegarlo per la prima volta a un luogo fisico che appartiene unicamente a se stesso.

Ed è proprio in questo che risiede la particolarità del loro progetto: esistono già progetti che collegano le DAO a luoghi fisici, ma non si tratta di spazi autonomi come la cabina di meditazione. Sono quindi chiamati Decentralized Autonomous Space (DAS) e non Organization. «Non conosco altri esempi di ricerche che stiano andando in questa direzione», sottolinea la ricercatrice di origine cinese.

Come siamo entrati in gioco

Perché sia possibile stabilire un collegamento tra il mondo cyber e la cabina di meditazione fisica, è necessario disporre di strumenti di connessione costituiti da dispositivi elettronici. In questo caso è stato il nostro negozio a fornirli. Abbiamo infatti sponsorizzato i prototipi di Hongyangs con i nostri dispositivi.

Per il backend della cabina abbiamo usato un Raspberry Pi modello 4 B. Questo mini computer controlla l’accesso alla cabina, l’atmosfera interna, l’alimentazione elettrica e il meccanismo di sicurezza.

Per farlo comunica con la telecamera, i sensori di movimento, i pannelli solari e la batteria oltre che con le serrature automatiche, l’impianto di ventilazione e le luci installate nella cabina. Anche questi componenti sono stati forniti da noi.

Grazie a questi dispositivi, l’organizzazione autonoma che gestisce la cabina di meditazione potrà in futuro controllarne la situazione finanziaria, le informazioni degli utilizzatori e lo stato... senza alcun intervento umano.

Come prenotare una seduta

Nonostante la DAO alla base della cabina di meditazione non sia ancora stata implementata in tutti i suoi aspetti, è già possibile prenotare una seduta. Per poter utilizzare questo servizio ti serve semplicemente un cosiddetto «Ethereum wallet», un portafoglio virtuale in cui puoi versare anche la criptovaluta Ether (ETH, da non confondere con l’acronimo del politecnico ETH). Utilizzando il portafoglio puoi fissare un appuntamento nella cabina dalla pagina di progetto e pagarlo in Ether.

Una volta versato l’importo richiesto, riceverai un’email con un codice QR. Ti basterà visualizzare il codice QR sullo smartphone e mostrarlo al sensore posizionato sulla parete esterna perché la porta si apra come per magia.

Prenota, paga, ricevi il codice QR e tienilo davanti allo scanner: accedere alla cabina di meditazione non potrebbe essere più semplice.
Prenota, paga, ricevi il codice QR e tienilo davanti allo scanner: accedere alla cabina di meditazione non potrebbe essere più semplice.

Se finisci una sessione di meditazione un po’ prima del previsto ricevi un rimborso. La cabina sa infatti esattamente quanto ti fermi al suo interno e ti rimborsa il tempo inutilizzato.

Finché Hongyang e il suo team non avranno terminato di implementare la DAO, il denaro circolerà solo tra l’utilizzatore e la cabina. «Per ora no1s1 può semplicemente arricchirsi con il denaro che incassa», spiega. L’obiettivo però è che in futuro abbia la possibilità di spendere denaro per se stessa, ad esempio per eventuali riparazioni. Questo dovrebbe essere possibile non appena l’organizzazione autonoma assumerà la gestione della cabina.

«È davvero necessario possedere le cose?»

Non è certo un caso che oggi la cabina con il servizio di meditazione offra una funzionalità minima. no1s1 è infatti un cosiddetto Minimum Viable Product o MVP.

Nel panorama delle startup, questo termine definisce la versione più semplice di un prodotto che un’azienda intende introdurre sul mercato. La prima versione di base semplificata viene usata per sondare le reazioni dei potenziali clienti.

Anche no1s1 avrà questa funzione, ma senza concentrarsi sui profitti. Questo progetto è focalizzato sulla società e la sua futura organizzazione: se l’MVP della cabina di meditazione dimostra di essere funzionante, in futuro anche interi edifici, parchi, campi da gioco, appartamenti, sale da concerto o persino fiumi e montagne potranno essere proprietari di se stessi e autogestirsi.

Questi luoghi potrebbero quindi esistere senza dover garantire profitti a proprietari e gestori. In altre parole, finché un luogo è in grado di mantenersi finanziariamente non è necessario aumentarne il canone.

Questo esperimento concettuale solleva tuttavia immediatamente alcune questioni di grande rilevanza. «È davvero necessario possedere le cose?», mi ha chiesto Hongyang mostrandomi per la prima volta lo scheletro del prototipo nudo.

Alcuni mesi dopo, neppure lei ha ancora trovato una risposta definitiva. Ma in effetti non era questo lo scopo dell’esperimento. «no1s1 ha l’obiettivo di aprire nuove possibilità a livello sociale o perlomeno un dibattito sull’argomento», chiarisce.

no1s1 nello studio del think & do tank Dezentrum di Zurigo.
no1s1 nello studio del think & do tank Dezentrum di Zurigo.

Hongyang parteciperà a questo dibattito anche in futuro. Dopo una periodo di congedo, indagherà ancora più a fondo il tema della digital governance nel corso del dottorato di ricerca presso l’Institut für Bau- und Infrastrukturmanagement dell’ETH di Zurigo ed effettuerà ricerche sulle potenziali forme organizzative dell’era digitale.

Visita la cabina!

Se questo articolo ha risvegliato la tua curiosità e ti è venuta voglia di vedere con i tuoi occhi la prima casa al mondo senza proprietario, puoi tranquillamente farlo. Si trova nella Student Project House dell’ETH di Zurigo, nel cuore del quartiere universitario della città.

Puoi leggere la relazione della conferenza a questo link. Qui trovi anche un breve video di presentazione dell’autore principale dello studio, Jens Hunhevicz.

O forse questa storia ti ha ispirato un’idea geniale che potresti realizzare con un Raspberry e un paio di sensori. Condividila con noi! Potresti ricevere anche tu alcuni dei nostri gadget utilizzati nella cabina. Hai comunque ancora tempo per pensarci su, nell’attesa che finisca la crisi attuale dei semiconduttori.

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«Io voglio tutto: le discese ardite e le risalite stordite, la crema in mezzo!» – queste parole di un noto personaggio televisivo statunitense rispecchiano pienamente il mio pensiero. Vivo secondo questa filosofia di vita anche a lavoro. In altre parole: trovo che ogni storia, dalla più insignificante alla più incredibile, abbia il suo fascino. 


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